COME ERAVAMO

 

La vita sui monti non era facile, sia per la scarsità delle terre coltivabili, sia per il clima. Si praticava l’agricoltura ma le attività più redditizie consistevano nel pascolo e nelle raccolta della legna dai numerosi boschi. C’era una grande ignoranza, ma questo non significa che non fossimo intelligenti. L’unica scuola era quella elementare ma, a volte, i bambini non potevano frequentare nemmeno quella perché era più importante aiutare i genitori nei campi, che andare a scuola. Chi arrivava alla terza elementare era già fortunato. Dai racconti degli anziani si apprende che prima della guerra non avevamo neanche l’edificio scolastico, la scuola si faceva nelle case private. Alcuni insegnanti sono rimasti vivi nella memoria degli ex alunni, per la loro severità, per la loro personalità e anche perché il maestro o la maestra di allora erano un punto di riferimento per alunni e genitori. L’insegnante era l’unica figura che aveva voce nella formazione di questi bambini che, a furia di ripetere la classe, crescevano praticamente nella scuola e ne uscivano adolescenti. Tra le maestre di prima della guerra, quella maggiormente ricordata è la maestra Ida Pastore, ma alcuni ricordano anche la maestra Degna e il maestro Rossi. La scuola si faceva nel Palazzo, alla Macerella, ma anche al Ponte, prima nella casa di Rongione Giambattista poi nella casa che fu proprio del maestro Rossi. Tra gli insegnanti del dopo-guerra ricordiamo il maestro Mancone Manfredo e sua moglie, la maestra Adelina Rongione, la maestra Rina Proia, il maestro Di Meo Silvio e la maestra Maria Danese.

I bambini vivevano sulla strada. Non c’era la televisione, si giocava all’aperto, quando il tempo lo permetteva. I giochi che si facevano all’aperto erano sempre giochi collettivi, in fondo più educativi di quelli moderni. Tra i giochi ricordiamo:

- il tiro alla casceletta

- mazza e pìuz

- nascunnarella

- la campana

- il gioco dei tappi

- il gioco delle biglie di vetro, ecc.

Non c’erano i giocattoli, nessuno ne aveva. Ma in fondo questo non era negativo per i bambini, anzi,… essi erano stimolati nella fantasia e nella creatività (una scatola di cartone poteva diventare un mobile o un’automobile; un bastone tra le gambe era una moto, i cocci di un piatto irrimediabilmente rotto diventavano giocattoli, si facevano rotolare i vecchi cerchioni delle biciclette, si scivolava sull’unico muro di cemento inclinato e liscio del paese che si trovava dietro la scuola, si costruivano fionde e archi con legno, pezzi di cuoio, pezzi di gomma di camere d’aria di bici, pezzi di ombrelli vecchi). Le bambole (rare per la verità) erano di pezza e dentro erano piene di segatura e anche un albero o un muro potevano diventare oggetto di gioco.

   

I piatti, se si rompevano in due, non si buttavano perché periodicamente passava un artigiano che li “ricuciva”. I soldi erano pochi, i contadini non ne avevano molti.

 

LO STRACCIAIOLO - L'ARROTINO - L'OMBRELLAIO

A volte passava “gl Cnciar” quello che a Roma veniva chiamato lo stracciarolo, cioè un venditore ambulante che prendeva gli stracci da riciclare e in cambio dava un bicchiere, un pentolino, ecc. Periodicamente passava l’arrotino e allora tutti uscivano sull’uscio di casa con forbici, coltelli o altro da arrotare. Altre volte passava l’ombrellaio, cioè colui che sapeva aggiustare gli ombrelli.

 

LA DONNA CHE "RACCOGLIEVA" I BAMBINI - IL BARBIERE

Quando nasceva un bambino, prima della guerra, non c’era l’ostetrica e allora si andava a chiamare zì Catarina, la quale subito accorreva dalla partoriente per “raccogliere” il bambino che stava per nascere. Zì Catarina non era un' ostetrica, era la postina del paese, anzi non era neanche postina perchè tale carica l’aveva ereditata dopo la morte del marito, ma era ritenuta esperta nel far nascere i bambini. Allo stesso modo non c’era un barbiere, ma alcune persone che sapevano tagliare i capelli.

 

I BAMBINI

I neonati venivano fasciati stretti stretti con apposite fasce. Questo veniva fatto perchè le gambette dei bambini venissero dritte. E questo era quello che abbiamo sempre creduto, ma oggi è uscito un libro di Giordano Bruno Guerri dove si insinua che ciò risultasse utile al fatto che le mamme potessero continuare a lavorare nei campi tranquillamente perchè tanto i bambini non potevano neppure sgambettare! Del resto erano tante le credenze di quei tempi. Ad esempio se un bambino piangeva per il mal di pancia si diceva che aveva i vermi, dunque si portava dalla donna che sapeva "incantare" i vermi affinchè passasse il mal di pancia. Nel dopoguerra poteva capitare di vedere qualche bambino vestito col saio di S. Antonio: si trattava di un bambino guarito da qualche malattia per cui  la mamma aveva fatto il voto a S. Antonio..

 

IL SARTO PER UOMO E LA SARTA - IL TEATRO

In compenso c’erano il sarto e la sarta ai quali si facevano cucire i vestiti in occasione di qualche matrimonio o in previsione della festa del 31 di agosto.

La festa del 31 di agosto era l’unica, grande festa. Si faceva in onore di S. Antonio di Padova. In occasione di questa festa, chi poteva, si faceva un vestito nuovo. Si invitavano tutti i parenti e gli amici dei paesi limitrofi, si banchettava, come non mai durante tutto l’anno. Alla festa religiosa si affiancava quella popolare. Subito dopo la guerra, c'era l'usanza di costruire un grande palco sul quale si rappresentava la vita del Santo Patrono. Tutti i cittadini potevano partecipare alla recita. Questa era molto impegnativa, alcuni attori erano fissi come, ad esempio, Fra Luca. Altri venivano scelti di volta in volta. Oltre alla vita del Santo si rappresentavano delle opere classiche ed era bello vedere tutti i giovani impegnati al massimo perché tutto si svolgesse bene.

 

L'ARTE DEL "CROCHET" (UNCINETTO)

Non si sa perché, ma a Casale l'uncinetto si chiamava crochet (alla francese). Era un'arte praticata da molte donne durante le lunghe giornate d'inverno. Si facevano centri e centrini per abbellire la casa, ma anche capi di abbigliamento e lavori molto più impegnativi come, ad esempio, bellissimi copriletti.

 

C'ERA CHI SI SPOSAVA E CHE SE NE "SCAPPAVA".

Quando in paese c’era un matrimonio ( di solito moglie e buoi dei paesi tuoi) tutto il paese partecipava alla festa. Ognuno prestava il suo tavolo, le sue pentole, i suoi piatti, le sue posate, le tovaglie. Si individuavano una o più stanze da poter adibire al banchetto e si allestiva una grande tavolata. C’erano alcuni personaggi che erano diventati noti in paese per essere i maggiori mangiatori di fettuccine. Del resto allora si mangiava bene solo in alcune circostanze, di solito si mangiava una rozza polenta di mais. Ma negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, invece di affrontare le spese di un matrimonio, i giovani fidanzati preferivano "scappare"". I genitori di solito erano al corrente di tutto, ma fingevano di non sapere nulla. Del resto questo era solo uno stratagemma per evitare le spese del matrimonio. Nel periodo fascista (18 dicembre 1935), per affrontare le sanzioni della guerra in Etiopia, fu chiesto alla popolazione di dare l'oro alla Patria. Le spose che erano riuscite a comprare una fede d'oro, dovettero darla alla Patria.

A proposito dell'usanza di "scapparsene", c'è un aneddoto: c'era una ragazza perdutamente innamorata di un giovane che, però, non la ricambiava. Per contro c'era un giovanotto perdutamente innamorato di lei, ma a lei non era gradito. Allora il giovanotto non ricambiato ebbe un'idea: convinse il giovane amato a dargli una mano. Il giovane amato andò dalla ragazza e le chiese se voleva scappare con lui. La ragazza non se lo fece ripetere due volte, ma grande fu la sua delusione quando questi, invece di portarla a casa sua, la consegnò al giovanotto che lei detestava. Ormai i giochi erano fatti! Non si poteva più tornare indietro!

 

 

LA RELIGIONE

Molte erano le feste religiose alle quali si dava più importanza rispetto ad oggi!

IL NATALE

A Natale si faceva la veglia per aspettare la nascita di Gesù Bambino. I giovani passavano di casa in casa per raccogliere i ceppi che poi si portavano in piazza dove si accendeva un grande fuoco. Poi c'era la Messa di mezzanotte. Non c'era l'usanza dell'albero di Natale, questa è venuta dopo, ma tutti facevano un piccolo presepe fatto con il muschio, con qualche statuina, e con tralci di rovi sui quali si attaccavano fiocchi si ovatta a simulare la neve.

Prima del Natale c'era la novena. Due pastori sceglievano di rimanere al paese anziché andare in Campania, e per nove giorni passavano in ogni casa a suonare davanti al presepe.

L'EPIFANIA

L'Epifania oltre ad essere una festa religiosa, era anche il giorno della Befana, per la gioia dei bambini. Babbo Natale non esisteva, come non esisteva l'albero di Natale, che in realtà hanno origini pagane. Ai bambini si raccontava della Befana che era una vecchietta che tutto vedeva e tutto sapeva. La befana scendeva dal camino per andare a riempire le calze che i bambini lasciavano appese vicino al camino stesso. I bambini più furbi si procuravano le calze più lunghe. Alla mattina era una grande emozione trovare quelle calze riempite con mandarini, qualche caramella, qualche noce......

SANT’ANTONIO ABATE

Anticamente c'era l'usanza di cuocere le pannocchie e i bambini passavano di casa in casa con un secchiello per riceverne in dono. Il sacerdote benediceva gli animali domestici.

LE CENERI

Il giorno delle Ceneri si andava in chiesa. Il sacerdote prendeva la cenere ottenuta dalle palme bruciate, e ne cospargeva la fronte di ogni fedele pronunciando in latino la frase: "Ricordati, o uomo, che polvere sei e polvere ritornerai". In questo giorno si osservava il digiuno e l'astinenza dalle carni.

LA QUARESIMA E I VENERDI

Per la chiesa era assolutamente vietato mangiare carne nel venerdì, per tutto l'anno. Durante la Quaresima i fedeli erano chiamati a fare qualche rinuncia, ma il cibo era talmente povero che c'era poco da rinunciare. Tutte le sere si andava in chiesa per recitare il rosario. Durante la settimana santa c'era la Via Crucis che si faceva generalmente in chiesa per ricordare la Passione di Gesù. Dopo la morte di Gesù (venerdì santo) si legavano le campane nel senso che non si potevano suonare fino alla resurrezione. In chiesa si faceva "il Sepolcro" che rappresentava in modo funereo la sepoltura di Gesù e tutte le statue della chiesa venivano coperte con un manto viola. Le donne del paese addobbavano il Santo Sepolcro con ciotole di grano fatto germogliare al buio.

IL VENERDI SANTO

Il venerdì santo si faceva una processione molto sentita e anche commovente. Si portavano a spalla la statua della Madonna Addolorata e la statua di Gesù morto.

La processione si divideva in due per fare in modo che la Madonna incontrasse Gesù morto.

LA DOMENICA DELLE PALME

Una settimana prima di Pasqua si andava in chiesa, come succede ancora oggi, per prendere la palma benedetta e per scambiarsi con tutti l'augurio di PACE.

LA PASQUA

La mattina di Pasqua si scioglievano le campane e finalmente potevano suonare a festa per annunciare a tutti i fedeli la resurrezione di Gesù. Era bellissimo svegliarsi al suono delle campane, andare in chiesa e augurare una buona Pasqua a tutti quelli che si incontravano.

IL LUNEDI IN ALBIS

L'OTTAVO DI PASQUA

La settimana dopo Pasqua era quella che oggi chiamiamo Pasquetta. Si andava nei prati o sui monti per fare la frittata.

L'ASCENSIONE

LA PENTECOSTE

S. ANTONIO DA PADOVA

Si festeggiava il 13 giugno, ma poi la festa si ripeteva il 31 di agosto, per permettere a tutti, anche a chi era emigrato, di parteciparvi. In entrambi i giorni, si faceva la processione e si portava S. Antonio per tutto il paese.

IL CORPUS DOMINI

Questa era una festa molto sentita. Tutti i ragazzi e soprattutto le ragazze, andavano nei boschi e nei giardini per riempire dei cesti con i petali dei fiori di stagione. Poi, durante la processione, le fanciulle andavano avanti a Gesù Sacramento per buttare a terra i petali, in modo che il prete con Gesù nell'ostensorio, passasse sui petali di fiori. Le donne addobbavano i balconi e le finestre con lenzuola ricamate e con le coperte più belle che possedevano. Addirittura si stendevano delle corde lungo tutto il tragitto della processione per appenderci tovaglie, coperte e lenzuola per fare in modo che la strada fosse degna di Gesù.

S. ANNA

In chiesa c'è una statua che rappresenta Sant’Anna che insegna a Maria. Quella statua veniva portata in processione anche se non era festa di precetto. La devozione era tanta che veniva interrotto ogni lavoro nei campi, anzi, ai bambini si raccontava un aneddoto.

In un paese alcuni contadini, incuranti della festa di Sant’Anna, anzi denigrando tale festa, si recarono sull'aia con i loro asini, per "scugnare" il grano e, in segno di disprezzo dicevano:"Arr Sant’Anna". Ma l'aia si sfondò e i contadini con i loro asini furono inghiottiti dalla terra. I bambini rimanevano colpiti da questo racconto ma ancora di più perché i vecchi aggiungevano:"Ancora oggi, se si va in quel paese e si ascolta bene, si sentono le voci dei contadini che provengono da sotto l'aia."

S. DOMENICO

Non si faceva nessuna festa religiosa, ma c'era il detto che, se appena uscivi la mattina incontravi una donna, avresti visto tanti serpenti. Al contrario se incontravi un uomo non avresti visto serpenti.

FESTA DELL'ARCANGELO GABRIELE

In chiesa c'è una statua raffigurante un giovane Angelo che schiaccia, con i piedi, il demonio. Anche questa statua veniva portata in processione.

ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE IN CIELO

Questa festa casca proprio a ferragosto ed anche questa era una festa molto rispettata.

S. GIOVANNI BATTISTA

E' il patrono di Acquafondata. Il giorno prima alle fontane di Acquafondata si faceva una fiera dove si potevano acquistare animali di ogni genere.

 

SS. COSIMO E DAMIANO

Questi due santi sono i patroni di Isernia. Era usanza da parte dei casalesi recarsi alla processione che si faceva a Isernia e poi si riportavano le immaginette dei due santi dottori, oltre ad altre cose utili che si compravano alla fiera.

LA MADONNA DI CANNETO

Molte persone partivano a piedi e scalze, per andare da Casale fino a Canneto. C'era e c'è ancora una grande devozione per la Madonna di Canneto. Le ragazze si facevano "comari di anello" intingendo le mani nell'acqua del ruscello che scorre nei pressi di questo santuario.

SANTA LUCIA

Per questa santa si andava a piedi fino a Castel Nuovo e si tornava in processione.

TUTTI I SANTI

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

L'IMMACOLATA CONCEZIONE

 

 

 

LA TERRA

La terra era preziosa per la popolazione. A volte scoppiavano grandi litigi, anche tra parenti, per un pezzetto di terra!Si racconta addirittura di un omicidio avvenuto tanti anni fa, nei pressi della cappella di S. Antonio, a causa di un litigio per un confine. Si diceva che la vittima fosse un sindaco, ma poi una persona molto anziana ha precisato che si trattava di un assessore. Colui che aveva sparato riuscì a raggiungere Napoli e a imbarcarsi per l'America e non fu mai arrestato. Dalla terra dipendeva tutto il sostentamento della famiglia. E in montagna, la terra coltivabile non è molta. Per questo ci si allontanava dal nucleo abitato per cercare nell'ambito dello spazio a disposizione, pezzetti di terra da dissodare e da coltivare. A volte le terre erano molto distanti dal paese. Si coltivavano patate, legumi, grano, granturco. Nei primi anni del 900 si coltivava anche la canapa. C'erano anche delle vigne dove si raccoglieva l'uva con la quale si faceva un semplice vinello che si consumava d'inverno. Qui, a 750 m. s.l.m. anche il clima era poco adatto a certe coltivazioni e bastava poco per perdere tutto il raccolto. Qui di seguito troverete un elenco di alcuni posti dove i contadini si recavano per coltivare la terra, con i loro nomi in dialetto:

La Vattuta - L Junture- Mont M-rin - Mont R-tunn - Gl'Alvaniegl- Gl puzz gl surg -L Lar-c- Gl F-nnon - La vall gl fuoss- Gl Inipr - Vall secca - L Vallocchie - Sott Quell M-rin - Sott Quell Viecchie - Gl puzz la Pinchiera - La vall gl lup - Marc-lup - Camp chian - Agl C-rracchit - Agl Quasal - Alla Fr-ccella - Alla Vall longa - Agl Uallon Mast Nard - Alla noc Persica - Ciampon - Agl Codacchio - Valle cupa Gl Fuà-it - Prat luong- L Mura - Gl Pualazz - Alla Fntana Vecchia- Agl Stuazz- Alla P-traia –

 

IL MAIALE

Quasi ogni famiglia aveva un maiale da allevare. Pensate: prima e subito dopo la seconda guerra mondiale non c'era acqua nelle case. L'acqua si andava a prendere alla fontana (fontane vecchie o alla fontana del Colle di Fabio) con i barili o con le conche che le donne poi portavano sulla testa. Immaginate quanto fosse preziosa quell'acqua: non si doveva assolutamente sprecare! I piatti sporchi si lavavano nell'acqua in cui si era cotta la pasta e poi si risciacquavano in una bacinella con l'acqua della fontana. Non si usava assolutamente il sapone, così l'acqua amidosa della pasta si arricchiva di quei pochi condimenti della pasta stessa e in essa si metteva la crusca per nutrire il maiale. Nulla si sprecava e l'acqua non si inquinava.

Poco prima o subito dopo il Natale, si ammazzava il maiale. Ammazzare il maiale richiedeva mano d'opera per cui c'era come un mutuo soccorso: noi aiutiamo voi, voi aiutate noi.

Il paese, per un po' di giorni, risuonava delle grida di quelle povere bestie che venivano legate e stese su un tavolaccio. Mentre si ammazzava il maiale , il sangue veniva raccolto in una bacinella e si usava per fare il sanguinaccio. Dopo di che, si versava acqua bollente sul corpo per ammorbidire le setole che venivano tagliate con una sorta di coltello-rasoio. Poi il maiale veniva appeso. Se voi osservate, nelle vecchie case di Casale, dai quattro angoli del soffitto, pendono dei ganci ai quali si appoggiavano, parallelamente al soffitto, delle pertiche alle quali poi si appendeva qualsiasi cosa che avesse bisogno di essicazione: le salsicce di fegato e di carne, i sanguinacci, le nnoglie, gli zamponi, le cotiche, il lardo, i prosciutti....ma anche l'uva da conservare per l'inverno o le pannocchie da cuocere in occasione della festa di S: Antonio Abate, il 17 gennaio.

 

S. ANTONIO ABATE

Il 17 gennaio si usava mettere un paiolo, più o meno grande, sul fuoco per cuocere il granturco. Era una festa soprattutto per i bambini, i quali si munivano di un secchiello e si mettevano in giro per le case per chiedere una pannocchia.Bussavano a tutte le porte e presto i loro secchielli si riempivano di belle pannocchie .

 

CARNEVALE

Quando arrivava il carnevale nessuno comprava i costumi, come succede ora. Grandi e piccoli, se volevano mascherarsi, indossavano vecchi vestiti e cercavano di camuffarsi in modo tale che fosse molto difficile essere riconosciuti.Lo scopo e il divertimento, infatti, era proprio quello di non farsi riconoscere. In dialetto si diceva: Ci siamo vestiti da MAZZAMAUR.

 

LA MORTE CAZZUTA ovvero un Halloween tutto nostro

Vi sembrerà strano, ma già negli anni 50 a Casale si faceva una specie di Halloween. I primi di novembre si svuotavano le zucche, vi si ritagliavano gli occhi e la bocca e, di notte, si mettevano nei crocevia con una candela accesa al suo interno per spaventare i passanti. Quella zucca così fatta si chiamava "La morte cazzuta". Come mai ci fosse questa usanza non lo sappiamo, forse l'aveva portata qualcuno che era emigrato in America. Non sappiamo neppure cosa vuoldire Morte cazzuta, forse era solo un modo per esorcizzare la morte.

 .

 

RACCONTI ED ANEDDOTI

Prima dell'avvento della televisione, nelle lunghe sere invernali, davanti al camino acceso, i vecchi raccontavano alcune storie ai bambini. A volte erano storie di cose accadute durante la guerra, a volte erano storie vere trasformate in leggenda.

Tra Casale ed Acquafondata, vicino all'ex vivaio, ci sono i resti di una chiesa, ora in restauro, dedicata a S. Maria (o S: Margherita?) Si racconta che un giovane di Acquafontata, mentre arava nei pressi della chiesa, sentì il bisogno impellente di andare in essa a pregare. Lasciò i buoi da soli e si recò in chiesa. A questo punto accadde il miracolo: quando il giovane tornò ad arare, trovò il lavoro già fatto: i buoi avevano arato da soli. Questo aneddoto si riferisce al frate benedettino fra Domenico di Acquafondata, al secolo Domenico De Filippis, morto in odore di santità, il 17 marzo 1640 nel convento dei Lattani a Roccamonfina.

 

I BRIGANTI

Durante il periodo del brigantaggio, le montagne di Casalcassinese e di Acquafondata erano attraversate dai briganti, che spesso saccheggiavano il paese o rapinavano i viandanti.

Gli anziani raccontavano di un certo brigante Domenico Fuoco che era molto crudele tanto da suscitare strane leggende sulla sua persona. Si raccontava, infatti, che Domenico Fuoco aveva fatto un patto col diavolo, secondo cui egli non poteva essere colpito mortalmente da nessuna arma se non dalla sua stessa scure. Questo era un segreto per tutti ,tranne che per il suo fedelissimo servo.

Una notte, mentre il brigante dormiva, il suo servo, stanco delle sue crudeltà, gli tagliò la testa proprio con la sua scure. Si raccontava che la testa del brigante rotolasse giù per la montagna, ma rotolando, malediceva e minacciava il servo diventato infedele. Un giorno infatti, il servo fu avvolto da una fiamma e morì.

Questa la leggenda, ma effettivamente la storia ci dice che il 17 agosto 1870, in una grotta tra Vallerotonda e Casalcassinese, Domenico Fuoco fu massacrato nel sonno.

Domenico Fuoco era di Roccamandolfi.

Si raccontava anche che i briganti, quando rubavano i marenghi d'oro, riempivano le cassette e poi le seppellivano sotto terra o le nascondevano nelle grotte. Ma per proteggere il loro bottino, facevano il cosidetto lascito. Il lascito consisteva nell'uccidere sul posto una persona qualsiasi il cui spirito doveva rimanere a "guardia" del tesoro sepolto finchè il brigante non arrivava a ritirarlo.

 

STREGHE E JANARE

A volte i vecchi raccontavano delle streghe ed era così che i bambini diventavano curiosi di sapere, ma si spaventavano e poi avevano paura del buio. I vecchi erano convinti che tra la donne del paese ce ne fossero alcune che avevano il potere di trasformarsi in streghe per andare di notte nelle case. Loro potevano agire solo di notte, all'alba perdevano ogni potere. Ma se dietro la porta trovavano una scopa di saggina, erano costrette a contare tutti i fili di saggina della scopa per cui le sorprendeva l'alba e non riuscivano più a fare del male. Per questo, chi aveva un neonato in casa, la sera, prima di andare a letto, metteva una scopa dietro la porta.

I FANTASMI

Molti asserivano di aver avuto modo di vedere "gl spird". Qualcuno asseriva di averlo visto affacciarsi alle finestre del Palazzo, prima che questo venisse distrutto. Altri raccontavano di averli incontrati per strada. I bambini ascoltavano con curiosità questi racconti, ma quanta paura!

 

LE ZAMPOGNE E GLI ZAMPOGNARI

Il paese viveva soprattutto di pastorizia. Molti pastori sapevano suonare le zampogne. Di solito le zampogne si suonavano per la novena di Natale. I pastori si esercitavano a suonare in coppia: uno suonava la zampogna, che ha un suono profondo, e uno suonava il piffero, che ha un suono più squillante. All'avvicinarsi del Natale, molti dei nostri pastori si trasferivano nelle zone intorno a Napoli, dove la tradizione della Novena era molto sentita. Essi venivano ospitati , anzi quasi "adottati" da alcune famiglie che, col tempo, finivano col considerare i pastori quasi come parenti. I nostri pastori, durante l'anno, accanto al camino, lavoravano "le cucchiare" di legno che poi regalavano o vendevano a quelli che prenotavano la Novena.

Alla fine dei nove giorni, gli zampognari venivano ricompensati con offerte in denaro, olio, fagioli ecc. Le famiglie che ospitavano i nostri zampognari erano sempre le stesse;esse rimanevano in contatto con gli zampognari durante tutto l'anno, anzi esse lo sono rimaste anche quando questa tradizione si è affievolita e anche dopo, quando gli zampognari, diventati troppo vecchi, non si recavano più a fare novena (la nuèra).

 

LA MIETITURA

Quando era il tempo del raccolto ci si aiutava tutti vicendevolmente. La mietitura era una grande fatica, ma era anche una bella festa. Dovete sapere che tra Casale, Aquafondata e Viticuso, solo a Casale si produce il grano e solo a Casale ci sono le vigne, essendo il paese più basso dei tre. Ecco perchè, quando si doveva mietere, arrivava da Viticuso Assunta, la quale si preoccupava di fornire manodopera a chi ne aveva bisogno. Venivano ingaggiate diverse ragazze di Viticuso ed era un'occasione per i giovani di conoscersi, scambiarsi battute. Gli uomini spesso giocavano a "Morra". La mietitura avveniva completamente a mano, con il "serricchio", che era una piccola falce, mentre i bambini spigolavano (raccoglievano le spighe che cadevano nella "r_stoccia"). La "r-stoccia" punzecchiava le gambe delle ragazze, per questo, anche se faceva molto caldo, loro si proteggevano le gambe indossando dei calzettoni pesanti. A quei tempi non era di moda l'abbronzatura: una signorina alla moda doveva essere pallida, con la pelle "gentile"(come si diceva) per questo alcune ragazze si coprivano il viso per proteggerlo dal sole. Il grano mietuto veniva legato in "regne" per essere trasportato sulle aie.

 

LE AIE

Il Paese era disseminato di aie. Ogni gruppo familiare ne aveva una. Ancora oggi se ne possono vedere sia nel paese che nelle borgate. Le aie dovevano essere raggiungibili dalla macchina trebbiatrice, che arrivava appena si terminava di mietere, prima possibile: un temporale poteva essere disastroso per le regne accatastate sull'aia!

 

IL TRASPORTO DELLE REGNE

Come si trasportavano le regne dal campo fino all'aia? semplice: con l'asinello! Quasi tutte le famigli avevano un asino. C'era una persona che faceva la spola tra il campo e l'aia. Questa era un'occasione per i bambini di andare sull'asino. I bambini aspettavano sull'aia che l'asinello si liberasse del suo carico, per salire in groppa e "guidare" l'asino fino al campo, disposti a farsi a piedi tutta la strada di ritorno. Gli adulti insegnavano ai bambini il linguaggio con cui ci si deve rivolgere all'asino:

POCC (accostati, fammi scendere)

POI' (gira a destra, gira a sinistra- secondo da quale lato si tira la cavezza)

ISC (fermati)

ARR (cammina)

L'asino ubbidiva dimostrando di essere un animale intelligente.

 

LA TREBBIATURA

Le prime trebbiatrici avevano una bocca in alto vicino alla quale generalmente si sistemava una persona che raccoglieva le regne che gli venivano lanciate dal basso e le infilava nella bocca della trebbiatrice. Questa era un'operazione molto delicata perchè se non si era abili, si rischiava di perdere il braccio. Sul lato destro la trebbiatrice aveva due scarichi da cui uscivano separatamente il grano e la pula. Dalla parte posteriore invece usciva la paglia e due persone, con la forcina, provvedevano ad ammucchiarla.

 

  

I COVONI (Vedi tra le foto)

 

I covoni consistevano in un palo alto cinque o sei metri, intorno ai quali veniva sistemata sapientemente la paglia che poi serviva per le bestie durante l'inverno. La paglia poteva essere usata anche per fare il "saccone" che era appunto un sacco da mettere sulla rete del letto, sul quale veniva sistemato poi il materasso. I letti, infatti, risultavano molto alti; la paglia serviva a isolare il letto dall'umidità. Il saccone poteva essere fatto anche con le spoglie di granturco.

Quando poi sono uscite le trebbiatrici che facevano uscire la paglia già compattata, due uomini, muniti di apposito fil di ferro, provvedevano a legare le balle di paglia. Questo fu un passo avanti nel progresso ma provocò la scomparsa dei covoni, che rendevano tanto bucolico il paesaggio!

 

LE PANNOCCHIE

 

Quando si raccoglievano le pannocchie di granoturco, naturalmente completamente a mano, le pannocchie venivano ammucchiate nelle cucine dei contadini. A sera, finito il lavoro nei campi, ci si riuniva a casa dell'uno o dell'altro per "spogliare". Col termine "spogliare" si intendeva togliere "le vesti" alle pannocchie. Anche questa attività lavorativa si trasformava in una festa, soprattutto per i giovani e per i bambini.

Tutti si sedevano intorno al mucchio delle pannocchie ( mazzuocc) e, aiutandosi con un legnetto appuntito, si spogliavano le pannocchie, mettendo le pannocchie nei cesti e le "vesti" in terra. Nel mentre, i giovani facevano dei giochi, al termine dei quali generalmente c'era da pagare pegno e questa era la parte più divertente. Uno di questi giochi si chiamava "gl cucuzzar" (da cocuzza cioè zucca) Quando non si giocava, si cantava e, quando qualcuno trovava una pannocchia rossa, gridava: " Una sposa!" e questo era ritenuto un segno di fortuna, in quanto trovare una pannocchia rossa era raro. Le pannocchie più belle non si sgranavano con le altre, ma si confezionavano in "serte", intrecciate con le loro stesse vesti, per essere conservate appese nelle case e utilizzate per la semina successiva. ( E' quello che sta facendo zia Santuccia nella foto)

 

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