I personaggi di Casalcassinese

 

Questa pagina nasce con l'intento di affidare alla memoria alcuni personaggi di Casale. Si tratta di personaggi semplici, che non hanno fatto nulla di eclatante, ma che vengono ricordati semplicemente per un lato del loro carattere o per il loro modo di vivere la vita. Inevitabilmente, descrivendo i personaggi, vengono fuori anche degli spaccati di vita che possono risultare interessanti per i più giovani, ma che, contemporaneamente, sono anche una sorta di "amarcord" per i meno giovani.

 

DOLOROSA

Ci piace ricordarla così come viene descritta nel libro di A. Grossi (1898-1971) "All'insegna della caccia": "Una fanciulla in costume di montanara, alta, sottile, col fazzoletto di colore in testa legato al collo, con le "ciocie" ai piedi e i legacci di cuoio alle gambe fin sopra il ginocchio".

Abbiamo chiesto ai più vecchi notizie di questa donna che abitava a Collevecchio, ma nessuno è abbastanza vecchio da ricordarla. Di lei sappiamo il nome del padre, che si chiamava Menico (Domenico) e sappiamo che aveva una zia che portava sempre la faccia coperta perchè aveva una brutta scottatura in faccia. Sappiamo anche che era stata chiamata Dolorosa perchè la sua mamma era morta mettendola al mondo. Abbiamo notato che su una cappella votiva che si trova sulla strada che va a Collepezzella, c'è scritto il nome Dolorosa, ma non sappiamo se si tratta della stessa persona. Ci piacerebbe saperne di più.

 

GIOCONDINA

Giocondina era di Collemerino. Suo marito era emigrato in America e lei voleva raggiungerlo. Si fece aiutare per preparare tutti i documenti necessari e partì.

Quando il bastimento arrivò a Ellis Island, Giocondina si era illusa di trovare il marito ad aspettarla, ma non fu così. Nessuno si presentò a prelevarla.

Le autorità americane le fecero un piccolo esame attitudinale: le dissero di spazzare la scala della nave. Ma Giocondina si trovò confusa e, invece di partire dall'alto, cominciò a spazzare la scala dal basso....Bastò questo. Fu scartata e rinviata in Italia.

Quando Giocondina arrivò a Collemerino non era più la stessa di prima: era sempre triste e si aggirava per il paese sola e trasandata nel vestire.

Se a Casale ti dicono:" Mi sembri Giocondina" non ti stanno facendo un complimento.

 

CONCETTA PIROLLO detta Concettona e STEFANO RONGIONE

Concetta ebbe una vita degna di un romanzo. Aveva sposato Angelo Rodi , ma rimase vedova piuttosto presto. Concetta, dunque, si trovò vedova con due o tre figli, quando era ancora abbastanza giovane.(Antonio, Caterina....)

Intanto qualche anno prima, un giovane di Casale era emigrato ad Arcangelo, in Russia. Questo giovane era Stefano Rongione. Probabilmente è lo stesso Stefano Rongione alla cui devozione è dedicata un'icona della Madonna, alla Macerella. Non sappiamo come mai questo giovanotto per emigrare, avesse scelto un paese abbastanza inusuale per i Casalesi. Forse quell'icona fu fatta costruire dai suoi genitori preoccupati per lui e per raccomandarlo alla Madonna.

Stefano ad Arcangelo aveva conosciuto una giovane donna russa e visse con lei per diverso tempo. Purtroppo questa giovane donna beveva molto, quindi si ammalò e morì.

Stefano soffrì molto per la sua perdita. Era ancora giovane e si poteva rifare sicuramente una vita, ma non voleva commettere più errori: giurò a se stesso che avrebbe sposato solo una donna che conosceva bene. Ma dove poteva trovare una donna così? Solo a Casale egli conosceva bene tutte le ragazze.! Fu così che decise di tornare al paese per scegliersi una moglie.

Quando tornò a Casale ritrovò Concetta, che nel frattempo era rimasta vedova, e le propose di sposarlo e di seguirlo in Russia.

Concetta non avrebbe mai abbandonato i suoi figli ( Iolanda?, Caterina e Antonio Rodi .), ma Stefano la rassicurò: avrebbe fatto da padre anche ai suoi ragazzi.

Stefano tornò in Russia con la sua nuova famiglia. Dopo qualche tempo, arrivarono ancora due figlie (Anna e Maria).

Quando i figli di Concetta furono in età di matrimonio, Stefano li riportò a Casale, perchè sposassero un uomo o una donna di Casale. Caterina sposò Emilio detto Fuoco, Antonio sposò Antonia , figlia di Alessio Rongione, Anna  sposò Alfonso Todisco e Maria sposò Francesco Pirollo.

 

DUE DONNE CHE HANNO LASCIATO IL SEGNO

A Collevecchio e a Collemerino ci sono due contrade che hanno preso il nome da due donne che vi abitarono. Esse sono rispettivamente "A quell Sabettina" oppure "A quell Bettina" e "A quell Mariannina". Queste due donne hanno legato il loro nome al posto in cui abitarono e tutti i loro discendenti vengono individuati come "di Sabettina" o "di Mariannina".

La Sabetta di cui si parla probabilmente è Elisabetta Pirollo che aveva sposato Giambattista nel 1823, dal quale aveva avuto un figlio di nome Angelantonio.

Invece siamo certi sull'identità di Mariannina:

 

MARIANNA RONGIONE (1841-1930)

Marianna aveva sposato Michelangelo Tomasso (1827) e da lui aveva avuto quattro figli: Giuseppe, Valentino Albino, Marietta e Giovanni.

 

FIORINA

Si racconta che avesse i capelli rossi e che fosse una donna bella, dal carattere forte , un po' ribelle e, per l'epoca in cui viveva, abbastanza fuori norma. Fiorina ebbe una vita avventurosa. Visse all'epoca dei briganti e pare che fosse la donna di uno di essi, un certo Bufain, (questo nome non risulta nella storia del brigantaggio, ma probabilmente questo era il nome di battesimo Epifanio, che in dialetto diventava Bufain).Qualcuno diceva che fosse stata rapita dai briganti, altri dicono che si fosse innamorata. Comunque ella seguiva il suo uomo sulle montagne nelle imprese di brigantaggio, ma ad esse non partecipava perchè Bufain, per proteggerla, la nascondeva sotto i frusciacchi e le ordinava di non muoversi fino al suo ritorno. La casa di Fiorina era quella in cima a Collevecchio, davanti alla quale oggi si può ammirare una magnifica quercia.

 

GAETANO ALBANO

Non era arrivato a Casale per fare il colono, egli arrivò più tardi, probabilmente per costruire la Chiesa. Forse veniva da Cantalupo (IS). Quindi era un piccolo impresario o semplicemente un operaio muratore. A Casale si innamorò di Filomena, figlia di Fiorina e da lei ebbe molti figli. Si costruì una bella casa vicino alla Chiesa, fornita di tutte le comodità, ( compresa una cisterna interna alla cucina) e aprì un'attività commerciale. Questa casa ancora esiste e conserva la scritta "OSTERIA NUOVA CASALE" .

 

DI MEO REGINA E CARLO DI STEFANO

 

Di Meo Regina aveva sposato Carlo Di Stefano, viveva con lui a Parigi. Carlo aveva solo 21 anni quando fu chiamato alle armi per combattere nella prima guerra mondiale. Nel 1915 partì per la guerra lasciando la sua giovane moglie gravida di una bimba, alla quale sarebbe stato dato il nome di Carlina. (lo stesso nome di suo padre). Carlo non tornò mai più dalla guerra: egli fu dato per disperso. Regina lo aspettò invano, poi si sposò, sempre a Parigi, con Tomasso Giuseppe dal quale ebbe una seconda figlia (Ernestina). Le due sorelle vissero a lungo a Parigi. Carlina lavorava in un prestigioso atelier e imparò a cucire molto bene. Poi conobbe Pasqualino Verrecchia ( vedi il personaggio) e lo sposò. Da questa unione nacquero due figli (Luciana e Franco). Ernestina (detta Tittina) si sposò con Michelino Di Meo dal quale ebbe una figlia (Viviana). Carlo era Fratello di Camilla e di Pasquale (vedi entrambi i personaggi). Era figlio di Antonio Di Stefano e Cristina. Aveva altri tre fratelli: Francesco, emigrato in America, Domenico che aveva sposato Bambina, ed Eugenio, rimasto a Casale, che aveva sposato Antonia Pirollo, sorella di Pietro Pirollo.

 

ZI' CATARINA

Nel libro di A. Grossi si parla, anche se di sfuggita, di questa donna che stava facendo il pane a casa di Camilla. Era la moglie di Ferdinando Verrecchia, figlio del sindaco Luigi Verrecchia. Faceva la postina, perciò era chiamata zi' Catarina La pstera. Era una persona stimata, forse perchè era tornata dall'estero. Caterina era anche colei che "raccoglieva" i bambini al momento della nascita. Dunque era una sorta di ostetrica. Quando una puerpera cominciava a sentire le prime doglie, si andava di corsa a chiamare zì Catarina, la quale lasciava ogni cosa e andava ad assistere la partoriente. Praticamente zì Catarina ha "raccolto" tutti i bambini che sono nati a Casale durante la sua vita.

 

CAMILLA

Nel libro di A. Grossi è citata questa donna ed è ben descritta. Aveva un negozio tipo bazar, lì si trovava di tutto: generi alimentari, vestiti del mercato americano, oggetti per la casa. Nella cucina, dove c'era un forno per fare il pane e un bel camino, aveva un'osteria. Quando si entrava nell'osteria si sentiva un odore acre di tabacco trinciato forte mescolato a quello del vino, o al fumo del camino e all'odore dei cibi. L'atmosfera era caravaggesca: il fumo, le voci dei giocatori di carte a volte allegre a volte litigiose, specialmente quando i giocatori venivano mandati all'olmo (agl ulm). Di solito chi veniva mandato all'olmo era quello che doveva pagare il vino ma non poteva berlo. Nella sua cucina, come in tutte le case del paese, non c'era acqua corrente, l'acqua si doveva andare a prendere alla fontana e non si poteva sprecare. Per lavare i bicchieri Camilla usava una vaschetta circolare di creta( poichè allora non era stata ancora inventata la plastica), smaltata all'interno a macchie bianche e verdi. I bicchieri erano tanti e l'acqua era poca, e alla fine quell'acqua diventava rossa come il vino stesso.

Quando vedeva passare una persona che era andata a fare la spesa in un altro Generi alimentari, non esitava a rimproverarla dicendo: " Perchè io non ce l'avevo la pasta?"

Camilla era analfabeta, ma nessuno sapeva fare i conti meglio di lei e, se andavi a comprare la fettuccia nel suo bazar, la misurava mettendone un'estremità sul suo naso e l'altra nella sua mano dopo aver allungato al massimo il braccio destro.

 

ALBERTO ALBANO

Era il figlio di Gaetano e di Filomena. Aveva imparato il mestiere di calzolaio, ma poi prese l'attività che aveva avviato suo padre. Anzi, fu molto bravo perchè riuscì a incrementare tale attività con una licenza di Sali e Tabacchi e vendita di liquori.

FERDINANDO ALBANO

Già prima della guerra, Ferdinando era emigrato in Francia. Quando tornò a Casale, si costruì una bellissima casa a Collevecchio. Era una casa molto elegante, con un bel cancello e una scala larga che portava all'abitazione. Nessuno a Casale aveva una casa così elegante all'esterno e così bene arredata all'interno. Quando scoppiò la guerra, fu adibita a sede del comando militare, ma poi fu completamente distrutta dai bombardamenti tanto che, dopo la guerra, Ferdinando ricostruì la sua casa in un altro sito. Ferdinando aveva una bellissima figlia che si chiamava Teresa.

 

SUSANNA la francese

Quando, negli anni 60, Francesco pitassi tornò dalla Francia per ritirarsi a vivere a Casale,portò con sè una compagna ed un bellissimo cane bianco.

La compagna si chiamava Susanne, ma presto tutti in paese cominciarono a chiamarla "La francese". In effetti lei era proprio francese e non parlava una parola di italiano, tuttavia riusciva a conversare con tutti. Nessuno si rendeva conto come mai lei si fosse adattata a vivere a Casale, tra l'altro in una casa senza troppe comodità. Di lei si sapeva che era più volte rimasta vedova. Forse la solitudine e l'affetto per Francesco, l'avevano spinta a lasciare il suo mondo. Ironia della sorte, Francesco morì prima di lei ed allora Ferdinando Albano (vedovo) cominciò a farle una corte serrata fino a quando Susanna si arrese ed andò a vivere con lui a Collevecchio.

 

LUISA ALBANO e ACHILLE PIROLLO

Ancora giovanissima, Luisa sposò Achille Pirollo ed andò ad abitare a Collevecchio. La casa dei suoi suoceri era la casa "Sotto l'arco" che ha resistito fino ad oggi. Il suo futuro sposo era tornato dalla Francia senza un braccio: glielo avevano amputato per un incidente sul lavoro. Achille, infatti, lavorava in una vetreria. Dopo sposati, volevano costruirsi una casa tutta per loro, ma non c'erano le possibilità economiche. Allora ebbero l'idea di sfruttare il fatto che ad Achille mancava un braccio, per cui si recarono all'estero: Achille si era costruito uno strumento musicale che si appendeva alle spalle e che egli riusciva a suonare con una mano sola. Invece Luisa girava tra la folla con il piattino. Come riuscivano a racimolare una discreta somma, tornavano al paese e investivano tutto nella costruzione della loro casa. Questo andò avanti per diverso tempo. Finalmente riuscirono a realizzare il loro sogno. Ebbero cinque figli, senza contare le gravidanze non portate a termine : Maria, Luigi, Carina, Valentino e Anna. La vita scorreva abbastanza tranquilla, tra i lavori agricoli e i figli, poi improvvisamente Achille cominciò a sentirsi male. Furono consultati i medici più conosciuti all'epoca, ma non ci fu nulla da fare: Achille era ammalato di cuore e se ne andò ancora troppo giovane. Rimasta vedova, Luisa mise fuori tutta la sua grinta per portare avanti la sua famiglia senza l'aiuto del marito. Ma un'altra terribile prova doveva affrontare Luisa! Nel 1915 il figlio Valentino fu chiamato per la guerra e non tornò più. Egli fu fatto prigioniero e portato in India, dove si ammalò e morì.

 

ALESSIO RONGIONE 1866-1954

Era detto "Catena". Era stato anche sindaco del Comune, questo significa che era tenuto in considerazione dai cittadini. A lui ci si rivolgeva ogni volta che sorgeva un diverbio tra confinanti: egli infatti conosceva, o almeno così tutti pensavano, i confini di tutte le terre del paese. Alessio "Catena" faceva le veci di un notaio o di un ingegnere, e tutti si fidavano di lui.

ANTONIETTA "DIR DAR"

Era una ragazza particolare, andava sempre in giro munita di forbici da pota appese alla cintola. Emigrò in America dove conobbe Matteo il quale, nella seconda guerra mondiale, era stato fatto prigioniero. Matteo era un bellissimo giovanotto, invece Antonietta non eccelleva per bellezza, ma piuttosto per intelligenza. Si innamorarono e si sposarono. Purtroppo Matteo morì prima della moglie, mentre giocava a bocce. Antonietta morì in America il 28.8.1997 ; la notizia arrivò fino a Casale e le campane avvisarono la cittadinanza con i loro tristi rintocchi.Antonietta aveva un fratello che si chiamava Alberto Di Meo che aveva sposato Elvira Pirollo. Entrambi erano emigrati in America.

 

FILOMENA

Filomena era di Collemerino. Era fidanzata con Salvatore da sempre, ma questi non si decideva a sposarla poiché non aveva ancora una casa e, a quei tempi, avere una casa era una delle condizioni per poter mettere su famiglia. Un giorno tornò dall'America Loreto e si innamorò di Filomena. Filomena, stanca di aspettare Salvatore, accettò la corte di Loreto , lo sposò e andò in America con lui. La sorella di Filomena era fidanzata col fratello di Salvatore ma, dopo questo fatto, la mamma di Salvatore proibì ai due giovani di sposarsi.

 

ANGELINO

Amava andare in giro con il suo fucile, non se ne separava mai. Un giorno, per scendere da una macera, partì accidentalmente un colpo e ne rimase ucciso. Aveva solo 21 anni!

Tutta la notte il suo corpo fu vegliato, dai carabinieri e dagli amici, sul posto della disgrazia.

Siccome faceva freddo, fu acceso un fuoco.

 

TEODORA

Era rimasta vedova molto presto. Quando ormai i suoi figli due figli ( Alfredo e Santuccia) erano diventati grandi, si risposò con un uomo di Cardito. Allora non c'erano mezzi pubblici per recarsi da un posto all'altro: o si andava a piedi, o , se si possedeva un asino, una mula o un cavallo, si usavano questi per viaggiare. Teodora era una donna coraggiosa e spesso tornava a Casale col suo cavallo, e poi, a sera, tornava dal marito a Cardito. Purtroppo, in uno di questi viaggi solitari, cascò da cavallo. Quando ci si rese conto che era accaduta una disgrazia, fu troppo tardi: Teodora fu ritrovata morta nel bosco che era solita attraversare per arrivare a Casale.

 

SILVESTRO PIROLLO 1897-1974

Silvestro Pirollo era un attore nato. Per diversi anni egli partecipò alla recita che si faceva ogni anno in onore di S. Antonio sulla vita del Santo, in occasione della festa del 31 di agosto. Silvestro faceva la parte di Fra' Luca, un umile frate che egli interpretava egregiamente, dandogli anche una certa comicità. La scena che piaceva tanto ai bambini, era quella in cui fra' Luca mangiava gli spaghetti con le mani....

Ma Silvestro non era solo questo. Egli la notte di S. Silvestro, cioè il 31 dicembre, radunava i suoi amici e tutti insieme giravano per il paese cantando canzoni popolari. Poi si fermavano nelle case di chi era sveglio, oppure svegliavano chi era andato a dormire, e si facevano offrire da bere. Così facendo si aspettava l'anno nuovo in allegria.

Era una specie di istituzione per Casalcassinese, egli era stato anche il primo impiegato dell'ufficio postale e fu anche fatto Cavaliere di Vittorio Veneto..

 

IDA (La maestra di taglio)

La sarta del paese era Ida. I vestiti cuciti da lei sembravano scolpiti addosso alle persone: era bravissima. Aveva molte allieve che venivano anche dai paesi vicini per apprendere il mestiere. Poi Ida si sposò con il carabiniere Giuseppe e si trasferì a Roma, dove perfezionò la sua arte.

 

LINDUCCIA

Tra le apprendiste di Ida c'era una ragazza di Casale che si chiamava Linda, ma che tutti chiamavano Linduccia. Fu lei che sostituì Ida.

Nessuna ragazza di oggi può immaginare quanto fosse creativa quest'arte. Oggi il vestito si compra al negozio, è un prodotto finito e a noi poco interessa sapere quello che c'è dietro. Invece allora si comprava la stoffa, si portava a Linda e con lei si sceglieva il modello per la realizzazione: nessuno aveva un vestito uguale al nostro.Poi anche Linda si sposò e, a causa della crisi generale, emigrò in Francia.

 

FRANCESCO ( il sarto)

Francesco era il sarto per uomo. Era abile nel cucire giacche e pantaloni. Quando c'era un matrimonio era lui che vestiva lo sposo e tutti gli invitati maschi che si potevano permettere un vestito nuovo. Abitava con la sua famiglia a Collepezzella.

 

MENICUCCIO TITTONE, cioè figlio di Titta

I suoi genitori praticavano la transumanza per questo era stato un autodidatta. Non riusciva mai a portare a termine l'anno scolastico. Nella sua vita fece i mestieri più disparati: commerciante, costruttore, scalpellino, nella cui arte era così bravo che si meritò il titolo di "Mastro", impresa boschiva. Con quest'ultima attività, dava lavoro a molti compaesani. L'impresa era come una famiglia: gli operai lavoravano con lui e facevano la spesa nel Generi Alimentari gestito dalla moglie di Menicuccio. Era una persona molto intelligente e aveva capito che la dote più importante da dare ai figli, è l'istruzione. Egli infatti non diventò ricco di case nè di macchine, ma riuscì a far studiare ben cinque su sei dei suoi figli. Un proverbio che ripeteva spesso era questo: "Mettiti con chi è meglio di te e fagli anche la spesa". Vuoldire che saper scegliere le amicizie è importante perchè una buona amicizia ti stimola a migliorare,ti apre nuovi orizzonti, mentre una cattiva amicizia ti può portare sulla cattiva strada .

 

QUELLI DI ROCCARAVINDOLA

Quando Casale rimase senza l'ombra di un sarto a causa dell'emigrazione, una volta a settimana veniva a Casale una coppia ( Maria ed Emilio) a vendere le stoffe per confezionare vestiti e anche corredi per le ragazze da marito. Maria ed Emilio erano anche sarti, lei cuciva per le donne ed lui per gli uomini. Loro furono una vera risorsa per il paese!

 

DON FRANCESCO FUOCO

Don Ciccio era il cappellano di Casalcassinese. Egli era di Acquafondata ed era molto affezionato ai fedeli di Casale. Abitava nella casina adiacente alla chiesa, quella che era stata costruita apposta per i sacerdoti del paese. Nel tempo libero coltivava un orticello dietro la sua casa. Quando diventò troppo vecchio per adempiere alle sue funzioni di cappellano, andò a vivere ad Acquafondata dove aveva dei parenti che lo avrebbero accudito nella sua vecchiaia. Prima di morire aveva espresso il desiderio di essere sepolto nel piccolo cimitero di Casalcassinese, in una cassa fatta di tavole e sotto la terra nera. Sul tumulo soltanto una croce. Questo era il suo desiderio, ma poi intorno al tumulo fu messo del marmo e una lapide a ricordo. E ogni tanto qualcuno porta un fiore e recita una preghiera.

 

DOMENICO RONGIONE - IL SAGRESTANO 1898-1994

Don Ciccio era diventato troppo vecchio, faceva fatica a celebrare, ma aveva un valido supporto nel sagrestano. Domenico teneva in ordine la chiesa, suonava le campane, serviva a messa, accendeva e spegneva le candele, prendeva la questua, intonava le canzoni per i fedeli. Non perdeva mai la pazienza, era gentile con i fedeli ed era buono con i bambini. L'operazione di spegnere e accendere le candele richiedeva una particolare abilità. Le candele infatti erano di cera, mica come ora che sono elettriche e per accenderle basta un bottone! Inoltre erano in alto, nelle mani degli angeli che sono sulla parte più alta dell'altare. Per ottemperare a questa operazione, il sagrestano aveva una lunga pertica, fatta proprio ad hoc: essa alla punta aveva, da una parte , uno stoppino per accendere le candele e, dall'altra, una specie di imbuto rovesciato per spegnerle. Ci voleva una certa perizia per accendere lo stoppino, ma ancora di più per spegnerlo, infatti lo stoppino non doveva essere inclinato troppo, altrimenti sarebbe stato impossibile riaccenderlo.

Ma Domenico non faceva solo il sagrestano, faceva anche il banditore. Quando c'era da comunicare qualcosa di urgente alla popolazione, lui prendeva il suo corno e si recava in alcuni punti strategici del paese. Il suono del corno si propagava dappertutto. A quel suono il paese si fermava: il contadino smetteva di zappare, la massaia usciva sull'uscio, le mamme intimavano il silenzio ai bambini, le donne alla fontana smettevano per qualche minuto di lavare... tutti si preparavano ad ascoltare il bando!

Dopo un ragionevole intervallo (per dare modo a tutti di porgere l'orecchio) si sentiva la sua voce: "ATTENZIONE! (pausa) Oggi viene l'esattore (pausa) chi deve pagare le cartelle (pausa) deve andare alla scuola (pausa) alle ore cinque."

E dopo c'era sempre chi era un po' sordo, o non era stato attento e allora per un po' di tempo i passanti chiedevano: "Che ha detto Sagrestano?" Infatti non dicevano più Domenico, ma il Sagrestano, come se quello fosse il suo nome.

 

DON BERNARDINO SAVINO

Nel 1956 Casalcassinese cessò di essere una cappellania e diventò una parrocchia. Fu in quell'anno che il vescovo di Venafro ci mandò un giovane prete, don Bernardino. Anche lui andò ad abitare nella piccola casa parrocchiale, che ora è in rovina. Quando arrivò si preoccupò soprattutto di catechizzare i bambini, ai quali insegnava il Catechismo nella piccola sala parrocchiale. Il sagrestano era sempre Domenico.

Don Bernardino era giovanissimo, alto, magro, occhi vivaci, leggermente stempiato, pieno di entusiasmo. Indossava l'abito talare di allora, perchè allora ai preti non era concesso di indossare i pantaloni come succede ora: indossava una lunga tunica nera a redingote, abbottonata davanti con una lunga fila di bottoncini rossi e un colletto a pistagnina con un immacolato colletto bianco.

La vita dei parrocchiani cambiò di colpo: da che si celebrava una messa a settimana, con lui ogni sera c'era una funzione, durante la quale si recitava il rosario e ogni mattina si celebrava una messa. I bambini dovevano imparare il catechismo a memoria, secondo le regole di allora.

Ai bambini insegnò a cantare in chiesa, durante la messa, nel coro.

Allora la messa si celebrava in latino e il prete girava le spalle ai fedeli. La liturgia prevedeva che ogni tanto il prete si girasse verso il pubblico e in quegli attimi Don Bernardino controllava tutti, in modo speciale i bambini, ai quali era assolutamente vietato chiacchierare o distrarsi. A turno i maschietti dovevano fare i chierichetti. Tra i chierichetti ricordiamo ...

 

ELIO RONGIONE

Elio aveva una particolare abilità: riusciva sempre a suscitare ilarità tra i compagni, magari semplicemente con uno sguardo. La cosa bella era che, quando Don Bernardino si girava, nessuno riusciva a trattenersi dal ridere, tranne lui che rimaneva impassibile. Dopo la funzione tutti venivano rimproverati, tranne Elio.

Una domenica Elio doveva servire una messa abbastanza solenne e la cerimonia prevedeva che il chierichetto (cioè Elio) prendesse il messale dal lato sinistro del sacerdote, scendesse le scale dell'altare, facesse una genuflessione col messale aperto nelle sue mani e risalisse le scale per depositare il messale alla destra del sacerdote. Quel messale era enorme rispetto al bambino che lo portava. Mentre scendeva col messale nelle mani, l'espressione del suo viso era tra il rassegnato e il preoccupato e le occhiate che mandava verso i compagni sembravano voler dire: " Non ce la farò mai!!!!" Tutta questa scena suscitò negli altri bambini una ridarella che nessuno di loro riuscì a frenare, neppure quando Don Bernardino si girò severo: soltanto Elio aveva uno sguardo di una innocenza indicibile!

 

PEPPINO

Peppino frequentava il catechismo e, per desiderio di Don Bernardino, tutte le sere doveva partecipare ad una funzione religiosa. Ma peppino era troppo piccolo per fare tutto questo! Dunque, immancabilmente, tutte le sere appoggiava la sua testolina fulva al banco e si addormentava beato. Toccava alla sorella più grande metterselo in braccio e portarlo a casa. .

 

PASQUALINO VERRECCHIA

Pasqualino era uno dei pochi cittadini, tra quelli della sua generazione, che avesse avuto un'istruzione. Lavorava a Roma e anche per questo era tenuto nella massima considerazione. Chiunque nel paese aveva un problema, aspettava che Pasqualino tornasse da Roma, per chiedere lumi. Egli aiutava tutti: per il suo lavoro veniva a conoscenza di tante leggi, e quando gli capitava sotto mano una legge , come un buon padre di famiglia, si preoccupava di farlo sapere a chi poteva essere interessato. Era molto affezionato al suo paese e ai suoi compaesani. Lo era a tal punto che provvide a lasciare anche un pezzo di terra di sua proprietà all'uso comune, perchè si potesse allargare il piazzale antistante il cimitero.

 

ANTONIO IZZI FIGLIO DI BEATRICE

Era uno dei tanti giovani che, subito dopo la guerra, si guadagnava da vivere raccogliendo il ferro degli ordigni bellici sparsi per i boschi e sulle montagne del paese. Era persino diventato bravissimo a disinnescare le bombe inesplose. Questo gli fu, purtroppo, fatale. Quel giorno Maria e Anna Pirollo stavano zappando in località Fontana Vecchia. Lo videro passare, indossava una cappa scura e sulle spalle portava una bomba. Antonio salutò le due donne e , alludendo alla bomba, disse: "Ora vado a farle la festa!"

Si recò in località Stazzo e si accinse a disinnescare la bomba, ma questa gli scoppiò tra le mani.

 

FERNANDO DI COLLEMERINO

In località sopra Collemerino Fernando Di Meo e il suo amico Giovanni Izzi aiutavano i genitori ad arare un campo. Essendo ragazzi, a loro era affidato il compito di togliere le erbacce dal solco. Mentre aravano venne fuori un ordigno bellico che fu adagiato prudentemente su una macera. La curiosità dei ragazzi era tale che, approfittando di un attimo di distrazione dei genitori, si avvicinarono all’ordigno toccandolo con un legno. Giovanni, il ragazzo più grande, era in prima linea, mentre Fernando curiosava dietro di lui. Purtroppo l’ordigno scoppiò: Giovanni morì dopo pochi minuti invece Fernando rimase ferito abbastanza gravemente e perse anche la vista, ma si salvò.

Fernando sapeva suonare molto bene la fisarmonica e passava le sue giornate suonando. I suoi genitori ebbero allora l'idea di installare un altoparlante sul balcone della loro casa a Collemerino, in modo che la sua musica potesse essere ascoltata in tutto il paese.

 

MARIUCCIO DI COLLEMERINO

Sapeva suonare la fisarmonica; per questo era indispensabile in ogni festa che si rispettasse. Egli suonava sulle aie nelle feste contadine o semplicemente la domenica pomeriggio, ma soprattutto, suonava ai matrimoni, quando, dopo il banchetto, si aprivano le danze. Era bravo con la fisarmonica ed allegro di carattere.

 

PASQUALE

Abitava nella frazione della Polmonara, poi era andato in Svezia per cercare lavoro. Oltre a lavorare si guadagnava da vivere anche suonando per le strade. Lo strumento che suonava era piuttosto complesso: era un insieme di strumenti ( piatti, tamburi, campanelle, nacchere ecc.) che si appendeva alle spalle. Ogni arto era legato a uno o più strumenti. Ci voleva una grande perizia per suonare tutte quegli strumenti sincronizzando braccia, gambe, mani, piedi, testa, alla quale erano appesi tanti campanellini. Ne veniva fuori un'allegra marcetta resa ancora più vivace dal carattere aperto e allegro di Pasquale. Quando tornò a Casale portò con sè lo strumento e si divertiva a suonare , soprattutto la domenica, per rallegrare i suoi compaesani.

ZIA GIULIETTA

Era soprannominata "La giodicia" (Giudice), perchè aveva sempre una sentenza pronta per tutti e su tutto ciò che accadeva in paese. Era rimasta troppo presto da sola: prima era morto il marito e poi, prematuramente, anche il suo unico figlio. Viveva nel suo piccolo appartamento ma non era sola: spesso suo nipote andava a trovarla e provvedeva alle sue esigenze. Ma, come succede in paese, un po' tutti collaboravano per aiutarla, specialmente man mano che le diventava difficile camminare. Angioletto le portava la posta, Vanda le portava la spesa, Beniamino che passava una volta a settimana, le portava la frutta fino a casa. Il giorno prima di morire, zia Giulietta aveva cambiato le lenzuola e aveva fatto il bucato. La mattina seguente, sentendo che si approssimava l'ora, si affacciò alla finestra e ad un passante chiese il favore di chiamare Vanda perchè non si sentiva troppo bene. Vanda accorse subito insieme alla sua mamma. Quando le due donne arrivarono, lei era seduta ad una sedia. Diede ordine di accendere un bel fuoco, perchè aveva freddo, ma raccomandò che esso fosse "contenuto" in quanto temeva che si bruciasse il camino e sarebbe stato un problema perchè lei stava per morire. Indicò alle due donne i vestiti che le dovevano fare indossare per l'occasione. Si tolse la catenina d'oro che portava al collo e la consegnò, raccomandandosi di portarla alla madonna di Canneto. Si raccomandò affinchè le chiavi di casa fossero consegnate al nipote e, quando ebbe finito di dare tutte le disposizioni del caso, reclinò il capo e morì. Questo fatto impressionò tutti i compaesani, anche perchè, qualche giorno prima, ad Angioletto aveva detto: "Su, Angioletto, questa è l'ultima volta che ti devi disturbare per me". E la stessa cosa aveva detto al fruttivendolo che era passato qualche giorno prima e che passava una volta a settimana. .

 

IL MAESTRO PIO DI MEO

E' stato un eccellente maestro di musica, ma per tutti noi era Pio e basta. Purtroppo è morto prematuramente. Merita di essere ricordato perchè ha fatto onore al nostro paese sia come maestro sia come compositore.

 

DELIA

Viveva in Francia, ma non si ricorda un'estate a Casale senza di lei. Per i suoi coetanei, l'estate era estate solo se c'era Delia. Era una ragazza in apparenza spregiudicata, ma nel profondo era seria, sensibile, intelligente. Diceva pane al pane e vino al vino, dunque era anche schietta e sincera. Quando arrivava in piazza, iniziava la vera vacanza per tutti: Delia portava l'allegria, l'entusiasmo, lo spirito di iniziativa per qualsiasi evento si volesse organizzare.

Era sempre pronta a mettersi in gioco, con intelligenza ed ironia, e non si curava del giudizio della gente.

Tutto questo la rendeva una ragazza speciale.

Anche nella maturità, nonostante le avversità proprie della vita, Delia è rimasta quella di sempre. Per lei sembrava che il tempo si fosse fermato agli anni della sua gioventù. Riusciva ad entusiasmare i giovani, creando con loro un feeling speciale. Per i giovani organizzava, ogni anno, insieme al marito e al figlio, la caccia al tesoro. Delia è stato un FENOMENO. Delia resta uno dei personaggi di questo paese, per qualcuno forse anche controverso, ma sicuramente eccezionale, che rimarrà a lungo nella memoria e nel cuore di tutti.

 

PEPPINO RODI

Era il nipote di Alessio Rongione, in quanto figlio di sua figlia Antonia.

Aveva scelto di fare il carabiniere, e lo aveva fatto con onore. Durante la sua carriera era andato in missione in Africa ed anche in Inghilterra.

Abitava a Roma, ma tornava a Casale ogni estate. Era un uomo devoto e affezionato al suo Paese. Appena arrivava al Paese, si preoccupava di rimettere in funzione l'orologio del campanile e le campane, affinchè suonassero a mezzogiorno.

Cercava sempre di abbellire la chiesa, ispirandosi alla sua parrocchia romana. Si era interessato, insieme a sua moglie, al restauro del vecchio stendardo della Madonna di Canneto.

Matrimonio di zia Anna e zio Nicola

 

 

Foto di Fabrizio Di Meo: i suoi nonni, Giuseppe Di Meo ed Ernestina Pirollo agli inizi degli anni '20, dopo il matrimonio.

Giuseppe Di Meo faceva il sarto per uomo ed anche Ernestina Pirollo era una brava sarta.

Foto di Fabrizio Di Meo: “zio Mario e zia Elvira con la madre Antonietta, mia bisnonna, emigrati in America”. Antonietta (Maria Antonia Pirollo figlia di Giacomantonio e di Gallaccio Margherita) è sepolta in America ed era la moglie di Pietro Pirollo . Lei aveva seguito i figli emigrati in America (Mario ed Elvira). Pietro, invece, era rimasto a Casale con gli altri figli(Giuseppe, Silvestro, Francesco, Ernestina).

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Foto di Fabrizio Di Meo: “ il matrimonio di zio Antimo e zia Antonietta il giorno 6/1/1956. L'abito da sposa era stato cucito da mia zia Antonietta che si vede a sinistra della sposa”.

Il signore che suona la fisarmonica è Mariuccio di Collemerino. La bambinavicino a Mariuccio è Delia Di Meo. Accanto alla sposa c'è Ernesto, il papà dello sposo. Accanto allo sposo c'è Ernestina Rodi, dietro di lei c'è il marito Michele Rodi con in braccio la figlia Mirella.

Foto di Fabrizio Di Meo, sua nonna Ernestina, diciottenne.

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Foto di Fabrizio Di Meo: “ bellissimo documento del 1924!! In alto a sinistra la coppia zio Peppe e zia Lucia. Sotto, seduti, l'altra coppia zio Silvestro e zia Luisetta. In piedi a destra, i miei nonni Giuseppe ed Ernestina con in braccio la piccola zia Antonietta. Sotto, seduti, la mitica coppia Mastro Ciccio (Francesco Pirollo) e sua moglie zia Maria, emigrati ad Arcangelo in Russia, poi tornati a Vitinia. In braccio tengono zia Elena. Gli altri non li conosco”.

La signora nel centro della fila, dietro a tutti, è Gaetanella, la sorella di Pietro Pirollo. La signora seduta al centro con le mani sulle spalle dei bambini, potrebbe essere Antonia (un'altra sorella di Pietro Pirollo che aveva sposato Eugenio Di Stefano) con due dei suoi figli (Alberto nato nel 1915 e Mafalda)

Foto di Fabrizio Di Meo: “In piedi a destra zia Antonietta. Seduta a sinistra zia Annina. Le altre non so chi siano. L'anno orientativamente è il 1933”. La ragazza seduta a destra potrebbe essere Ida Pitassi oppure una sua sorella che si chiamava Elvira che morì ancora ragazza per una polmonite.

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Foto di Fabrizio Di Meo: “Anche questa è una bellissima immagine storica dei giovani di Casale. Sul retro porta la data del 26/11/1939. In prima fila si nota zia Antonietta e zia Elena. Zia Annina è tra il ragazzo vestito da militare e quello con la fisarmonica. Tutti gli altri non so chi siano”. Cominciando da dietro da sinistra verso destra: Marsella Dionisio. I tre successivi non sappiamo che sono.Le ragazze sono: Antonietta (la mamma di Lucio), sua sorella Benedetta e Adelina Rodi.Il ragazzo subito dopo è Marsella Armando (fratello di Dionisio).

13 febbraio 2012 Foto di Amerigo Di Meo, dopo la nevicata storica che ha colpito Casale ed Acquafondata: ” Una chicca, tanto per sdrammatizzare il momento attuale. Antonio Di Meo, mio papà, sciava! Foto ritrovata in archivio, non so dove, forse in cima a Collemerino, non so quando, sicuramente prima del 1945, io non c'ero! e chissà chi ha scattato la foto”!


 

Foto di Amerigo Di Meo “…Anche la mamma! Amelia Tomasso, forse con mezzi di fortuna a giudicare dalle racchette. Però è bello trovare queste sorprese.”

 

Canneto 22.08.1946 Da sinistra, in alto la prima ragazza non si sa, poi c'è Nicola Gallaccio e sua sorella Filomena.

Da sinistra sedute: Elvira Gallaccio  e Anna Gallaccio

Zio Nicola

Matrimonio di Rosina Rongione e Nicola Izzi. Dietro la sposa c'è suo padre "Il sacrestano". Suona la fisarmonica Carmine Di Meo

Matrimonio Clara Pirolloe Luigino Rongione 1948
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Pasquale Verrecchia e sua moglie Carolina

 

 

 

Dall’album di famiglia di Jessica Albano

 

Di Meo Domenico di Collemerino (Tatigl Mnchigl) padre di Di Meo Angelo, Giacomo Antonio, Rosaria e Michele

 

 

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