L’EMIGRAZIONE

L’emigrazione per i casalesi è un fenomeno molto antico. Già a fine ottocento si emigrava in America, dove si andava a fare fortuna. Generalmente emigrava solo il capofamiglia e mandava i soldi per costruire la casa o per comprare la dote alle figlie.A volte erano i giovani che se ne andavano, con la speranza di stare meglio. Una ragazza che aveva il padre in America era considerata un buon partito, ma si racconta anche di come la crisi del 1929 abbia provocato povertà anche per chi aveva il padre in America. Poi c’era anche un altro fenomeno: una emigrazione temporanea. Si partiva per paesi lontani, con un organetto e con un piattino, a dire la “pianeta” in cambio di una monetina e poi si tornava al paese. Era un modo come un altro per chiedere dignitosamente l’elemosina. Si rimaneva fuori per diversi mesi finchè si racimolava una discreta somma.

 

IL DOPOGUERRA

Nel dopoguerra, per un certo periodo, gli uomini e le donne avevano da lavorare per rimettere a posto le case e per sgombrare le macerie, pagati dal Comune. Alcuni giovani del paese avevano scoperto una nuova attività, che però poteva essere molto pericolosa: la raccolta delle schegge e dei residuati bellici. I giovani andavano per campi, boschi e montagne e cercavano di raccogliere più ferro possibile, da vendere ad alcuni commercianti che passavano e che lo pagavano abbastanza bene.

Molti giovani in quel periodo rimasero mutilati o rimasero vittime delle bombe inesplose.

 C'era inoltre qualche costruttore che aveva bisogno di operai per ricostruire le case e dunque gli uomini andavano "a giornata".

 In quegli anni alcune ragazze trovarono lavoro presso il vivaio di Acquafondata dove andavano a porre nella terra le piantine di pini e di abeti che oggi vediamo cresciute nell'ex vivaio.

 A quei tempi a Casale c'era anche una piccola industria boschiva che dava lavoro a diverse persone per :

- produrre legna da ardere

- fare fascine con il sottobosco

- produrre carbone

- produrre traverse per la costruzione delle ferrovie

Per tagliare la legna si usava una sega lunga circa due metri che in dialetto si chiamava "strincaturo". Essa aveva due impugnature e due operai la tiravano di qua e di là fino a tagliare gli alberi. Per fare in modo che gli alberi cadessero sul lato giusto, senza fare danni, si usavano le "zeppe" che consistevano in piramidi quadrangolari di ferro che venivano inserite nel tronco.

Solo successivamente arrivarono le seghe a motore, che facilitarono il lavoro.

Con gli sterpi del sottobosco si facevano delle fascine che poi venivano portate giù dalle donne, ponendosele sulla testa.

Le traverse erano delle travi di legno di misura standard che si usavano per la costruzione dei binari nelle ferrovie. Per portare tutto il materiale prodotto (legna, traverse e carbone) dalla montagna fino alla strada carrabile, occorrevano degli operai possessori di muli.

 

IL CARBONE

Per fare il carbone si doveva fare "gl quatuozz". Il carbone era allora una delle principali fonti di energia." Gl quatuozz" consisteva in una montagnola di trochi disposti ad arte in una sorta di incroci, su cui poi veniva messa la terra, tanto da ricoprire tutto completamente. Tutto intorno c'erano gli sfiatatoi. Era importante che nella legna avvenisse la combustione senza che essa si trasformasse in cenere, bensì in carbone. Se ciò non avveniva era una vera tragedia perchè tutto il lavoro e relativo guadagno, si vanificava.

 

EMIGRAZIONE IN FRANCIA, AMERICA, CANADA, VENEZUELA, BELGIO, SVEZIA, GERMANIA

Le persone in esubero rispetto alle esigenze del paese, rimanevano disoccupate.

Quando il lavoro cominciò a scarseggiare, molti giovani mariti pensarono di emigrare. La maggior parte di essi andò a lavorare in Francia.

Un grande costruttore francese, Alexandre Billiez, aveva sposato una ragazza di Casale, Teresa Tomasso, per cui quasi tutti i casalesi, andando in Francia, trovarono lavoro come manovali, muratori ecc. presso l'impresa Billiez e questa fu una grande fortuna. Inizialmente andavano gli uomini, poi facevano il cosiddetto “atto di richiamo” alle loro donne e ai figli. Per questo, d’estate a Casale il francese è la seconda lingua.

Una minoranza emigrò in Svezia, dove iniziarono con la vendita dei palloncini che venivano fabbricati a Casalvieri.

Altri andarono in Belgio.

Alcuni fecero una doppia emigrazione: dall’Italia alla Francia e, successivamente, dalla Francia al Canada dove si specializzarono nella lavorazione del legno.

Molti andarono in America.

Siccome andare o tornare dall'America era difficoltoso e anche costoso, alcuni giovani si sposavano "per procura", nel senso che il matrimonio veniva celebrato pro-forma in Italia tra la sposa e una persona che rappresentava lo sposo, e poi la sposa partiva per l'America o per il Canada, per raggiungere colui che era diventato suo marito a tutti gli effetti.

 

LE FOTO

Queste foto si riferiscono ad una coppia di Casalcassinese emigrata in America. Lui è Mario Pirollo, che nel 1946 tornò in Italia per scegliere una ragazza da sposare.

Lei è la prescelta sposa, Carina Pirollo di Collevecchio. Carina era una bella ragazza, orfana di padre e giovanissima. La sua mamma si trovò in una drammatica situazione e non sapeva come prendere la cosa: il lato positivo era che Carina sarebbe andata a vivere in un paese ricco, ma... l'avrebbe più rivista? In quei tempi si andava in America col bastimento, non sarebbe stato pericoloso?

La sua mamma la rivide negli anni 60, quando Carina tornò con i suoi tre figli: Linda , Rita e Peter.

L'ultima foto in basso, fu fatta nel giorno del matrimonio. Mario, infatti, aveva portato dei vestiti dall'America e la sposa ebbe anche le damigelle, secondo l'usanza americana. Le damigelle sono, partendo da sinistra: Elena, Annina, la sposa, Gilda e Anna ( sorella della sposa).

 

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